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C’è un legame storico fra Lucca, la Garfagnana e la Lunigiana che è stato velatamente presente, sempre, nella grande discussione sulla ricostruzione della Via Francigena sviluppatasi, fra gli storici, dalla fine degli anni ’80.

Fin dall’età romana è certificata una via che da Lucca – per Sesto di Moriano, Valdottavo, Diecimo, chiari riferimenti ai cippi miliari lungo la via – portava certamente all’area di Carfaniana (l’attuale Piazza al Serchio) dove, probabilmente, si diramava verso il passo di Pradarena, Parma e Reggio Emilia e verso il passo di Tea, la Lunigiana, Luni e fors’anche Velleia (nel piacentino).

Nel Medioevo, questa viabilità non viene meno, soprattutto nell’età delle guerre fra bizantini e longobardi, quando non è pensabile che una via – certamente esistente per collegare la capitale del regno longobardo, Pavia, e uno dei suoi principali ducati, Lucca – passasse da Luni, caposaldo portuale bizantino. Probabilmente, tale via potrebbe essere quella ricordata come via di Monte Bardone (da Mons Langobardorum, l’Appennino tosco emiliano). Dove passasse quella strada non è ancora appieno dimostrato e le ipotesi più verosimili appaiono due: che entrasse dalla Cisa in Lunigiana e poi tagliasse al passo di Tea verso la Garfagnana oppure che restasse sul versante nord della montagna emiliana, entrando in Toscana al passo di Pradarena verso, ancora, la Sala e Castelvecchio di Carfaniana (Piazza al Serchio, dov’è stato rinvenuto un sepolcreto longobardo).

Lo sviluppo della Via Francigena, con i franchi e il Sacro Romano Impero, passante dalla Cisa, Luni e la costa, determinò la perdita di importanza della via di Garfagnana e Tea.

Tuttavia, nel pieno Medioevo, sia le necessità di collegamento di Matilde di Canossa, signora in Lombardia e in Toscana (fra XI e XII secolo) e, soprattutto – dalla fine del XII secolo e per tutto il Duecento e parte del Trecento – lo sviluppo dell’economia della seta –che fece di Lucca la capitale europea della produzione di quel tessuto – e le difficoltà di usare la Via Francigena lungo la Versilia, per le guerre con Pisa, spinsero Lucca a rilanciare l’antica via della Garfagnana ed a raggiungere la Bocca di Magra (il porto di Sarzana) dove arrivavano le navi genovesi, dato che era dal porto di Genova che giungeva la seta grezza asiatica e mediterranea (si saldò in quel tempo un asse ligure-lucchese). Da lì, per terra, risalendo la Val di Magra fino ad Aulla o per Fosdinovo, i conduttori delle carovane di merci lucchesi raggiungevano il ponte di Codiponte, il passo di Tea, la Garfagnana e Lucca.

Questo fu il momento di massimo splendore di quella strada che, proprio perché legata alla città di Lucca ed al suo simbolo indiscusso, ho chiamato, nel 1991, “Via del Volto Santo”. Che significa, di fatto, la via dei Lucchesi.

Lo scavo archeologico dell’Ospitale di San Nicolao di Tea dimostra tutto ciò, dall’XI secolo, il tempo di Matilde, al ‘400 avanzato, quando l’ospitale ebbe la sua fase ultima di sviluppo. E ciò va legato alla forte attività di rilancio dell’economia della seta e, di conseguenza, del culto del Volto santo. L’azione di Domenico Bertini, mecenate della Gallicano lucchese a favore del Volto Santo (fece fare il Tempietto del Volto Santo in San Martino a Lucca) e la presenza di un’immagine splendida del Volto Santo in un trittico tre-quattrocentesco di scuola molto probabilmente lucchese, nella Pieve di Codiponte, ponte strategico verso il mare, sono due dei tanti segni antichi della strada.

Certo i Lucchesi avevano da raggiungere non solo la Bocca di Magra ma molte altre località, anche oltreappennino (erano presenti in ogni dove in Europa) e ciò giustifica l’importante presenza di un Volto Santo antico (XIII sec., coevo di quello di Lucca e di Bocca di Magra) a Rocca Soraggio, verso il passo di Pradarena. Ed è questo uno dei percorsi Matildici e del Volto Santo che si raccorda a Piazza al Serchio con la via del Volto Santo di fondovalle.

Così come è documentato, ma in età più tarda, un percorso, che, passato Tea, giungeva alla “porta lucchese” di Fivizzano, quindi all’area di Licciana-Monti, al bagnonese, a Pontremoli verso il passo della Cisa e il collegamento in direzione dell’Abbazia di Bobbio, nel piacentino, oggi nota come “Via degli Abati”.

Dunque, anche la Via del Volto Santo, come la Via Francigena è diventata un “sistema viario” che coinvolge ampiamente, e non solo più su un unico tracciato, il territorio di Lucca, Mediavalle del Serchio, Garfagnana, Lunigiana, nell’ambito spaziale più generale che dal Po si distende fino al mare tirreno-ligure, convolgendo Appennino ed Apuane.

Questo sistema viario storico, oggi, si interseca ed amplia ulteriormente, collegandosi con due nuove grandi direttrici: il Cammino Italiano de Santiago de Compostela e Le Chemin d’Assise.

Il primo va da Pistoia, capitale italiana del culto jacopeo, a Genova e prosegue fino ad Arles dove continua, per la Via Tolosana, il Cammino franco-spagnolo di Santiago de Compostela. Da Pistoia, Pescia, sale alle Pizzorne, Corsagna, Ponte del Diavolo, la Cune, Motrone, Vallico Sotto, Gallicano, Castelnuovo, Camporgiano, Piazza al Serchio, Tea, Codiponte, Fosdinovo, Sarzana, Cinque Terre, Genova.

Nella stessa area si snoda le Chemin d’Assise che, nell’area garfagnina, si sviluppa lungo le Apuane, da Equi Terme a Isola Santa, Vergemoli, Trassilico, per giungere a Borgo a Mozzano e proseguire per la Val di Nievole fino ad Assisi.

Si noti che i tre itinerari, Via del Volto Santo, Cammino Italiano di Santiago e Chemin d’Assise coincidono, in Garfagnana e Lunigiana per lunghi tratti comuni.

Si è ricostruita, così, la rete stradale che, specialmente nel Medioevo, ha reso importante come non mai la nostra terra, fra il Po, l’Appennino, le Apuane ed il mare.

Dott. Fabio Baroni

Storico inventore della Via del Volto Santo